Recensione

Recensione di “Le creazioni amorose di un apprendista di bottega”

Recensione di “Le creazioni amorose di un apprendista di bottega”

di Stefano Baldinu

a cura di Elisabetta Bagli

“Le creazioni amorose di un apprendista di bottega” è la nuova silloge di Stefano Baldinu nella quale, come viene già espresso dal titolo, il poeta, che ha raggiunto ormai una notevole maturità stilistica nell’elaborazione della parola in versi, vuole dare spazio a quelli che sono i sentimenti di un uomo che ha imparato ad amare e mentre lo fa, soffre, immagina, canta, balla e vive. Le sue liriche sono un canto all’amore, un vero e proprio inno alla persona amata che scoprirà i sentimenti del poeta leggendoli, assaporandoli in un turbine di emozioni senza fine, penetrandoli con tutti i sensi fino alla resa finale nella quale dopo le parole, le carezze sussurrate, le mani ansiose e frementi riescono a unirsi in una sola carne. E non sarà solo un sogno proibito, ma la realtà, come potremo osservare dal percorso narrativo del libro.

Il poeta inizia la sua silloge dedicandola a chi ama, sapendo che la sua Lei, appena inizierà a sfogliare il libro “creato” per Lei dall’ “apprendista di bottega”, capirà e saprà con certezza che l’intera opera è rivolta alla sua persona, a tutto il suo essere donna, amante appassionata e dolce, donna unica e complice che con le sue movenze o anche solo con il suo riposo (“Dormi, amore, di quella pace immensa/ che hanno gli occhi sotto le palpebre/ attorno a te solo silenzio/ e acqua che non scorre” – Lettera a una donna) ha regalato al poeta attimi fugaci di serentità, luminosi pensieri di devozione.  La donna cantata da Stefano Baldinu dona al poeta primavere cicliche che come L’andirivieni delle rondini lo confortano e lo portano a sognare e a sentire che, poco a poco, quella rosa, la sua rosa lo consuma nell’amore. Ed è così che nel percorso del libro si arriva alla fase in cui avanza l’inverno più cupo cupo e nostalgico, l’inverno in cui non si ha più speranza di recupero, in cui i ricordi in una vita senza di Lei (In questo tempo d’invernità – Ho smesso di volare), tolgono al poeta persino il desiderio di volare.

Nel sentiero tracciato dal cuore l’itinerario è vasto e pieno di bellezza e anche di quella lussuria celata e intuita dalle immagini suggerite sin dal titolo della lirica Che tutto di me in te si addormentasse. Il poeta si sente irretito da tanto amore da tanti suoni che riecheggiano nella sua mente, ricordando quell’amore struggente e vivo che esprime questa sensazione, pensando ai suoi sospiri d’amore come quelli “di una mosca nella tela del ragno”.

Non sono solo i contenuti sentimentali che rendono le liriche di Stefano Baldinu particolarmente profonde e intime, ma anche quell’atmosfera musicale, densa e impalpabile nel contempo, che il poeta ha saputo ricreare sviluppando versi dal ritmo unico e incalzante, facendoli passare dal Blues delle dieci,  nel quale il fischio ripetitivo di un treno si mescola alle parole ripetute a bassa voce rotolandosi da un pendio  (“e non c’è niente di male alle dieci di una notte d’estate/ a rotolarsi dal pendio/ d’un sogno dimenticando gli accordi/ e le parole ripetute mille volte a bassa voce”), alla Milonga, danza dal ritmo sincopato e dai movimenti ben più piccoli e compatti di quelli del tango, movimenti che possono considerarsi alla stessa stregua di un atto d’amore. Nella Milonga non esiste più il tempo per poter fare movimenti ampi, è impossibile fare delle pause. Si gioca con i piedi così come si gioca nell’amore che ruota intorno a due corpi che respirano all’unisono, si incatenano al desiderio e vibrano scandendo i giorni (“quale lucida illusione abbiamo desiderato/ crearci con questa strascicata musica/ del tuo braccio che avvolge e seduce/ il mio che si incatena al tuo fianco”).

Stefano Baldinu sa descrivere i sentimenti amorosi anche attraverso gli elementi naturali che accompagnano la vita dell’uomo in ogni movimento, in ogni passo, in ogni respiro. Il suo è un paesaggio che parla di colline, di mare, di natura incontaminata e misteriosa. Ed è per questo che i suoi paesaggi sono immensi, dolci e aspri nel contempo, affinché si riesca ad ascoltare il ticchettio di una pioggia “che precipita stupita” (Un rumore di vita), di una pioggia che cade “fragante” sull’asfalto (Nella mia stanza), il sospiro del vento che si fa “scarno” (Altra innocenza), che si fa solido (Sul tuo fianco sinistro) che impavido “riempie angoli e buchi” (Quando varchi la soglia di una camera), affinché  la natura si possa esprimere in tutta la sua grandezza e mostrare la sua tragicità, quando “il sole qui non fa scorrere il miele” (La capanna) o quando è un sole già talmente alto da non sentirne più il sospiro (In questo tempo d’invernità).

Stefano Baldinu è un poeta dalla sentimentalità generosa, le sue liriche grondano luci e ombre, impeti e sospiri, fascino e mistero. I suoi sono sogni irrequieti, spasmodici, volti a voler raggiungere quell’impossibile che lo consuma, anche nella “più gelida aritmia” (Altra innocenza), sogni dolci e malinconici che spesso sono sinonimo di addio (“Oramai lontana nel seno del silenzio/ rimase un sogno dolce nel vento/ la bella donna alla quale dissi addio” – La donna alla quale dissi addio).

A volte, la nostalgia del poeta è tangibile proprio come ne Il più dolce confine (un nome da ripetere fino a stremarlo/ fino a stremarsi il cuore in quella stanza/ della memoria che rimane il più dolce confine/ della nostalgia); altre volte si nota nella liberazione lenta e costante della musicalità delle parole che diventano uno spartito che si scioglie nell’Universo umano.

Il poeta, nelle sue liriche, intesse parole con fili leggeri e saldi, offrendo ai suoi scritti le giuste sfumature, donando i giusti intarsi a dei versi che rappresentano al meglio la sua capacità di evocazione, la sua necessità di osservazione della donna amata per esprimere il paesaggio della sua anima.

Le liriche di Stefano Baldinu hanno costituito, per me, dei momenti di intensa commozione poetica; sono stati dei raggi di umanità attraverso i quali ho cantato con lui la sua storia che ho ascoltato con attenzione. Infatti, il lettore empatizza immediatamente con i versi del poeta, versi raffinati nella loro semplicità, capaci di far scaturire un palpito immediato nel cuore dello stesso, capaci, attraverso un linguaggio sciolto e cristallino, di far penetrare il lettore nelle debolezze, nelle gioie, nelle disperazioni, nelle nostalgie dello scrittore. La sua è una delicatezza originale, fresca e nel contempo forte, in grado di dare la giusta dimensione all’amore che è il motore della vita e del mondo.

La prefazione della silloge “Le creazioni amorose di un apprendista di bottega” a cura di Marco Bolleri, scaturisce da una limpida e acuta disanima sulla stessa, una prefazione nella quale si pone in evidenza la personalità dell’autore del tutto riversa all’analisi introspettiva del suo vivere l’amore.

L’immagine scelta per la copertina di questa silloge non poteva che essere “Le baiser de l’Hotel de ville” di Robert Doisneau, una fotografia nella quale ritroviamo, inconfondibilmente, la tenerezza, la nostalgia, la necessità di rendere eterno un effimero attimo d’amore esattamente come avviene nella silloge concepita da Stefano Baldinu, ricca di immagini e di riflessioni di spessore.

“Le creazioni amorose di un apprendista di bottega” è una silloge da leggere, autentica e matura, che avvolge il lettore con estrema sensibilità e rara armonia.

 

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