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Voce, il mio libro

Voce raccoglie poemi dove si condensano esperienze personali di vita e di amore. Ogni poema trasforma e cristallizza momenti di un’esistenza quotidiana ed unica. Intreccio di parole che scorrono nel tempo e di istanti catturati, la poesia di Voce nasce dal risveglio dell’anima attraverso la purezza e la sobrietà dei versi.

“… alla ricerca dell’anello perduto…”
di Elisabetta Bagli
“Voce” è il titolo del mio primo libro. Questa raccolta di poesie nasce un po’ per una sfida con me stessa e un po’ perché spinta da una Voce particolare che è riuscita a mitigare le mie insicurezze e a darmi il coraggio di mostrarmi senza veli.
Amo le sfide e, dopo aver affrontato e superato quella lanciata da un mio amico che mi ha fatto comprendere che potevo e dovevo dar sfogo ai miei pensieri per iscritto, sentivo che ne dovevo affrontare un’altra. Faticosamente la mia Voce stava uscendo materializzandosi nero su bianco sotto forma di poesie, ma non riusciva ad abbandonare il limbo in cui la lasciavo insieme alle mie poesie e ai miei pensieri una volta scritti. Avevo in mente di farne una raccolta, naturalmente. Ma per pigrizia, anzi, forse direi di chiamarla con il suo nome, per paura del giudizio altrui, rimandavo. Scrivere poesie è mettersi a nudo, ma farle leggere ad altri è esporsi a 360º. Non mi sentivo ancora pronta per fare questo passo. A nulla valse l’appello dello stesso amico che mi mandò il link de ilmiolibro.it nel quale si indiceva un concorso di poesie. I miei scritti continuavano a stagnare nei meandri del mio computer.

Ma il 15 agosto del 2011 ci fu un evento che lessi come un segno del destino.

Ero a Sabaudia con tutta la mia famiglia, con i miei cugini e alcuni amici.
In quella zona l’acqua non è molto profonda. Ci si può addentrare nel mare camminando per quasi quaranta metri senza che l’acqua superi il metro e cinquanta di profondità. E, all’improvviso, ci si può imbattere in uno scalino sul quale salire per ritrovarsi su una lingua di sabbia alta e nella quale, di conseguenza, l’acqua diventa molto più bassa, arrivando fino alle cosce. Questa zona, che è presente su molte spiaggie del litorale laziale, noi romani la chiamiamo “la secca”.
Avendo scoperto “la secca”, tutto il gruppo decise di andare fin lì per giocare una sorta di beach volley. In genere, vado in spiaggia spoglia di ogni avere per paura di perdermi monili e gingilli vari. In genere, ho detto. Quella volta, no!
Avevo ben quattro anelli! La fede del mio matrimonio all’anulare sinistro, nello stesso dito avevo anche l’anello con due brillanti che mi ha fatto incastonare mio marito in ricordo della nascita dei miei due figli, poi all’anulare destro avevo il brillante di fidanzamento e al medio destro un anello d’argento, di meno valore economico degli altri ma di enorme valore affettivo perché era stato un regalo della mia cara amica brasiliana Isabel con la quale, anni addietro, avevo condiviso tante avventure Erasmus in Spagna. Inoltre, rappresenta una farfalla, il mio animale preferito.
Così, mentre giocavamo su “la secca”, si consumò il fatto. Il mio bimbo , infastidito dagli schizzi d’acqua salata iniziò ad urlare perché gli facevano male gli occhi e voleva ritornare a riva per asciugarsi. Ma una volta giunta a riva mi accorsi che l’anello di brillanti, quello ideato per me da mio marito, era sparito dal mio anulare sinistro. Su quel dito era rimasta sola soletta la fede. Disperata ritornai a “la secca” raccontando a tutti l’accaduto. Ma come era possibile ritrovare un anello in mezzo al mare a quaranta metri dalla riva? Con tutti loro che, ignari, avevano continuato a giocare e, quindi, a muovere sabbia e acqua? Era impossibile. Mi sentivo un’agitazione interna indescrivibile. So solo che tanta era la voglia di ritrovarlo che mi misi immediatamente a cercarlo insieme a tutte le persone presenti. All’improvviso mia cugina insieme ad un mio amico ebbero un lampo di genio. Vedendo un “tellinaro” (raccoglitore di telline) sulla spiaggia intento a cercar telline decisero di avvicinarsi a lui per chiedergli di aiutarci in questa assurda ricerca con la sua retina. Premetto che non è usuale trovare il 15 agosto alle sei e mezza del pomeriggio un “tellinaro”. In genere, si mettono ad operare quell’ufficio proprio di mattina. Sembrava lì apposta per me.
Così, dopo qualche minuto in cui si mise a rastrellare il punto incriminato con la sua retina abbiamo recuperato l’anello di brillanti. Dopo un’ora e dopo aver perso ogni speranza di ritrovarlo ero di nuovo in possesso del mio anello! Volendo dare una visione poetica al fatto potremmo dire che il mio anello, stanco di essere sempre infilato al mio dito, munito di vita propria decise di scivolarmi nell’acqua per farsi un bel bagno e provare il brivido di essere solo nell’immensità del mare. Voleva qualche minuto di indipendenza? E l’ha avuto! Ma non aveva fatto i conti col “tellinaro” delle sei e mezza!
Appena nelle mie mani sono scattata come un fulmine a riva per conservare tutti e quattro gli anelli nel mio borsellino. Non volevo essere recidiva! Qull’esperienza mi era bastata e avanzata! Pensate che la mia sia stata fortuna? Sicuramente! Anzi, chiamatela come volete. Perché la storia non è finita. Per ringraziare il “tellinaro” per il suo aiuto decisivo decidemmo di offrirgli qualcosa. Ma lui, scuotendo la testa mentre si allontanava da noi, diceva di non volere assolutamente nulla. Da lì l’idea geniale di regalargli un gratta e vinci sfidando ancora la sorte. Andai al chioschetto a comprare qualche gratta e vinci da distribuire a tutti i partecipanti della “caccia all’anello”. La spiaggia si trasformò immediatamente in una bisca a cielo aperto, bisca nella quale erano coinvolti tutti, grandi e piccini, ognuno intento a grattare il proprio biglietto. Eravamo veramente una bella comitiva. Ma chi riuscii a grattare il biglietto vincente? Io, naturalmente. Era la mia giornata. Non c’era spazio per nessuno. Vinsi poco, giusto i soldi per comprare altri cinque gratta e vinci che, però, si rivelarono perdenti. La magia era finita.

Ma non era finita quella magia che aleggiava tra noi. Ci sentivamo contornati da una sorte di aura della felicità. Eravamo tutti insieme e io ero stata, senza volere, la protagonista di quei momenti “tragicomici”, da ricordare! Così, dopo una schitarrante “Ostia Beach” cantata dai miei figli con un menestrello d’eccezione e le bombe alla crema e alla nutella prodotte dalle sapienti mani di mia cugina e di sua cognata si concluse quell’intensa giornata, lasciandomi la meravigliosa consapevolezza di essere sempre accompagnata dalle persone che più contano per me.

Eppure, nonostante mi sentissi inebriata dall’affetto e dalla complicità con il mio intorno, c’era qualcosa che continuava ancora a tormentarmi. Non ero soddisfatta della mia vita. Dopo un rapido escursus sulla mia esistenza fatto insieme a mio marito, mentre eravamo seduti in terrazza ad osservare il cielo e il mare di quella calda notte estiva, mi sentii dire da lui: “Devi cavalcare l’onda della fortuna… magari riesci a realizzare il tuo desiderio di pubblicare il libro”. Mio marito aveva ragione. Quella frase iniziò a girarmi in testa come la manovella di un proiettore che rifletteva la mia vita sullo schermo della mia memoria. Osservavo la maestosità del Monte Circeo, luogo evocato dal sommo poeta Omero nella sua Odissea. Vedevo quella macchia nera che si confondeva col mare e col cielo e pensavo a tutte le volte che ero stata lì insieme ai miei cugini. All’improvviso sentii la Voce del mare sussurrare alla mia anima. Iniziai a ricordare che quel mare mi aveva visto bambina, mi aveva visto crescere, diventare un’adolescente impaziente di vivere i suoi primi amori, mi aveva visto donna ed ora mamma. Quel mare mi stava chiamando alla mia nuova realtà abbandonata in un file del computer. Con la sua Voce suadente sembrava dirmi di continuare a credere nei sogni. Ne avevo già realizzati tanti nella mia vita, sicuramente potevo provare a raggiungere anche questo.
Appena tornata a Roma, accesi il computer, recuperai la mail con il link del miolibro.it, inserii il pendrive con alcune poesie e iniziai seriamente a pensare a “Voce”. Questo libro nacque il 10 settembre del 2011 con un semplice “click” dato sul mio computer di Madrid. Partecipai al concorso del miolibro.it, superando la prima fase tra i 1000 componimenti poetici arrivati al sito. Poi, però il sogno si infranse. Anzi, continuò a vivere nella realtà. Perché proprio questo libro, piano piano, si sta facendo strada tra la gente che lo apprezza, apprezzando indirettamente me come persona.
“Voce” è la mia storia, il mio presente e il mio futuro.

links:


Voglio Vivere Così (Intervista di Nicole Cascione)

FB Fanpage di “Voce”


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