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Presentazione de “Il treno dell’ultima notte (El tren de la última noche)” di Dacia Maraini alla “Feria del libro de Madrid 2012”

Presentazione de “Il treno dell’ultima notte (El tren de la última noche)” di Dacia Maraini alla “Feria del libro de Madrid 2012”
Il nucleo centrale del libro è rappresentato da una storia d’amore che è un pretesto per analizzare e riflettere sugli avvenimenti storici della seconda guerra mondiale.
È la memoria e la volontà di andare oltre e, nonostante la storia d’amore di un ragazzo per una giornalista, tutti i personaggi del libro si muovono alla ricerca interiore,
Solo 18 hanno detto di no. Desiderosi di abbandonare l’Italia fascista, Fosco Maraini ottenne la borsa di studio internazionale per studiare gli hanu, un popolo autoctono del Giappone, paese nel quale si trasferì con tutta la famiglia nel 1938. Il regime giapponese, alleato di Mussolini e Hitler voleva che si firmasse l’accettazione alla Repubblica di Saló da parte degli italiani,ma solo 18 famiglie dissero di no. Si ribellarono e vennero rinchiusi, tra il 1943 e il 1946, insieme ad altri italiani in un campo di concentramento. Nel campo di concentramento la famiglia venne sottomessa a privazioni estreme, che sarebbero terminate in seguito con l’arrivo dell’esercito americano. Nel suo libro di poemi “Mangiami Pure” del 1978, la scrittrice racconta di quegli anni specifici di fame e sofferenze.
“Scrivere è come giocare con ilcorpo della madre, il rpimo apprendimento linguistico viene attraverso il corpo della madre- “Farheneit 541″, Ray Bradbury- e i libri sono corpi. Nel campo di concentramento mia madre e mio padre sono diventati dei libri”
“Avevo 7 anni e ricordo la fame, ci davano solo ciò che era imprescindibile per vivere.Io mangiavo formiche e terra.”, ricorda oggi Dacia Maraini a 76 anni, appena compiuti ieri. È una tra le scrittrici italiane più conosciute in Italia, ma anche all’estero. Un’esperienza indimenticabile, che ancora le fa male al narrare durante la breve visita a Madrid. “El tren de la última noche” è il romanzo che Galaxia Gutenberg ha terminato di pubblicare in Spagna e che Dacia Maraini ha presentato alla Feria del Libro di Madrid a giugno.
“È il viaggio di una giornalista nei Paesi dell’Est che si trasforma in un viaggio attraverso il Male del secono XX”. Nel 1956, la giovane Amara inizia un percorso in treno dall’Austria all’Ungheria alla ricerca di interviste per un suo reportage. In questo Paese coincide con la rivoluzione contro il regime comunista. Ma prima di arrivare lì passerà per Auschwitz. Oltre all’aspetto professionale si aggiunge la ricerca del suo grande amore adolescenziale, quello di Emanuele, dal quale si dovette separare quando erano bimbi, ma mai smise di inviarle lettere. Gli scritti del ragazzo si alternano con la trama lungo tutte le pagine del libro, che tra documenti e viaggi, costarono a Dacia Maraini cinque anni di lavoro, ovvero qualcosa in più del suo solito: “In genere impiego tre anni per scrivere e, di solito, finisco un romanzo e lo inizio di nuovo per varie volte e sempre da zero. Poco a poco miglioro i personaggi e il linguaggio. Arriva un momento nel quale so che devo lasciare che il romanzo segua la sua vita, nonostante sappia che non sarà mai come avrei voluto che fosse”.
È una Bibbia della memoria ispirata al Capitano Marlow di “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, nel quale  si parla del commercio dell’avorio e della tratta degli schiavi tra l”800 e il ‘900. Dacia Maraini ha costruido un personaggio innocente che, all’improvviso, si trova a tu per tu con il male. Amara ascolta il racconto di una donna su come la Germania si sia lasciata ubriacare dal nazismo “su come il vino cattivo il giorno sucessivo ti provoca la peggiore delle sbornie”, e descrive dettagliatamente il campo di concentramento di Auschwitz e le camere a gas. Fa raccontare a un bambino quel che avveniva nelle camere a gas, di come fossero gli stessi ebrei a togliere i denti d’oro ai loro compagni morti nelle camere a gas. I nazisti avevano necessità di far vedere il loro predominio e il disprezzo che avevano per quella gente. La scrittrice con queste pagine lancia un richiamo per non dimenticare l’orrore. “La memoria è uno strumento di resistenza contro la cultura del mercati, per questo è necessario coltivarla”, dice la scrittrice, “Lo scopo dei nazisti era anche distruggere le persone rimaste vive. Primo Levi alla fine si è suicidato per non poter più sopportare il peso della sua condizione di salvato. I nazisti miravano alla distruzione della personalità che andava al di là del campo di concentramento e al di là della vita”.
“Come dice il filosofo francese Henri Bergson, la memoria è come la coscienza. ci permette di comprendere il presente e preparare il futuro. Un essere umano senza radici è un minerale, quanto di più distante possa esserci dalla vita”, assicura Dacia Maraini. “Il ricordo dell’Olocausto rischia di annebbiarsi, si perde vitalità e la memoria  si converte quasi in un fatto letterario. Per questo è importante che Auschwitz continui ad esserci nello stesso modo in cui c’era prima, che si possano vedere foto e le valigie di quelle persone che arrivavano lì senza sapere che sarebbero morti, che si possa comprendere che la Shoah non è stata altro che la Teatralizzazione della morte. Nel libro “Il Treno dell’ultima notte” (“El tren de la ultima noche”) Amara compie un gravissimo errore, quello di inseguire un sogno, un amore totale. Ha pensato che l’amore potesse sopravvivere alla Shoah. Ma il dolore della conoscenza era ormai entrato nel suo animo. “Il dolore è sempre un rischio che si deve affrontare e bisogna avere il coraggio di rischiare”.
È stata la compagna di Alberto Moravia per 16 anni: “Era un uomo straordinario, capace di raccontare in modo meraviglioso e attento la realtà italiana. Aveva un estremo rispetto per l’autonomia della donna”. Condizioni ovvia in alcuni paesi ma non in altri. “continua ad esistere una cultura che fa differenza tra i due sessi” e il peso della crisi lo stanno pagando di più le donne”, sostiene la scrittrice.
Elisabetta Bagli

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